Spazio

Il volo spaziale

orbita

Nel suo “I cinquecento milioni della Begum” Jules Verne descrive un super cannone ed una super bomba descrivendo quello che sarà poi il volo spaziale. Nel libro un super cannone deve sparare una super bomba su una città. Il cannone spara ma la bomba vola dritta in orbita terreste. I progettisti del cannone avevano commesso un errore.

Ai tempi di Verne la balistica era a conoscenza che forendo la spinta sufficiente ad un proiettile era possibile spedirlo in orbita. Tuttavia questo era solo un esercizio teorico per gli allievi delle scuole d’artiglieria. Per altro la meccanica newtoniana e le tre leggi sulla gravitazione universale di Keplero erano già note ed in uso.
Nel gergo astronautico si sente spesso parlare di portare un veicolo a 200 km d’altezza o di orbita bassa, il cui acronimo è LEO, Low Earth Orbit. Ma arrivare a 200 km d’altezza o anche cinquemila ed entrare in orbita sono due cose ben differenti.
Possiamo sparare un proiettile o lanciare un missile e farli salire verticalmente sempre più in alto. Terminata la spinta ricadranno subito sulla Terra per effetto della gravità.

Come arrivare in orbita

Immaginiamo d’avere un cannone. Lo facciamo sparare e prima o poi il proiettile ricade sulla Terra. Intuitivamente, più vogliamo sparare lontano il proiettile, più energia bisogna fornirgli al momento dello sparo. Quando il proiettile esce dalla bocca del cannone, subito viene trascinato verso il basso dall’attrazione gravitazionale della Terra. Ma la Terra è una sfera, anche se ad occhio non si direbbe, e la forza gravitazionale è una forza centripeta, cioè diretta verso il centro della Terra. Anche se non lo percepiamo, nell’istante successivo all’uscita dalla bocca da fuoco, l’inclinazione della forza di gravità è già cambiata. Il risultato è che il proiettile cambia direzione mentre si muove e la sua punta piega verso il basso insieme alla sua direzione. Se durante la caduta la direzione non scende sotto l’orizzonte, significa che il proiettile è in orbita.

La forza centrifuga è proporzionale alla velocità. Più si va veloci, più aumenta la forza centrifuga. Oltre un certo valore la forza centrifuga può essere pari o superiore a quella gravitazionale ed in questi casi si parla di orbita. La velocità necessaria a rimanere in orbita, intorno alla Terra, è chiamata prima velocità cosmica ed è pari a circa 26.000 Km/h, indipendentemente dalla quota a cui si vola. È la velocità minima indispensabile per vincere la forza di gravità terrestre. In linea teorica è possibile restare in orbita volando a bassa quota se non ci fosse l’atmosfera a frenare il movimento per attrito.

Oltre i 3.000 km/h l’aria, che prima aveva un effetto raffreddante, inizia ad avere un effetto riscaldante che aumenta rapidamente all’aumentare della velocità. Per questo i veicoli spaziali possono restare in orbita solo lontano dagli strati più densi dell’atmosfera.

Tipologia di orbita

Le tre leggi di Keplero ci dicono che un oggetto orbita intorno ad un altro con un moto ellittico. Quindi i veicoli spaziali orbitano attorno alla Terra con un moto ellittico e la Terra occupa uno dei due fuochi dell’ellisse. La cosa è altrettanto valida per tutti i corpi celesti che orbitano attorno ad altri corpi celesti.

Il moto ellittico è dovuto alle variazioni di energia dovuto all’inevitabile cambio di quota del veicolo. Appena lanciato il veicolo possiede una grande quantità d’energia per opporsi alla forza di gravità. A questo punto ha raggiunto il punto più lontano dalla Terra e la velocità non è più sufficiente a vincere la gravità. Questo punto è chiamato apogeo (afelio se in orbita intorno al Sole, apoastro se in orbita attorno ad un altro astro). Il veicolo inizia a cadere verso la Terra, ma aumentando la velocità per effetto della caduta aumenta anche la forza centrifuga che mantiene sopra l’orizzonte la direzione del veicolo.

earth

Nel punto in cui il veicolo raggiunge la minima distanza dalla Terra, detto perigeo (perielio se in orbita solare, periastro con altri corpi celesti), il veicolo raggiunge la massima velocità ed inizia ad allontanarsi di nuovo dalla Terra. L’orbita è completa. Ogni orbita diventa sempre più stretta, pertanto il moto non è un’ellisse, ma una spirale.

Ricapitolando, se vogliamo spedire in orbita un veicolo dobbiamo dotarlo di una velocità (tangenziale) di oltre 26.000 km/h e porlo ad una altezza da terra sufficiente. Ovviamente, raggiunta la quota e la velocità non occorre più l’uso di un propulsore, quindi i razzi vengono spenti ed il veicolo si muoverà solo per inerzia.

Muoversi nello spazio

Cambiare quota nello spazio non è facile. Tutti i concetti tipici del movimento terrestre sono inutili nello spazio. A dominare è la fisica del moto rotatorio, un pò più complessa e di non facile comprensione. Occorrono complicati calcoli per permettere ad un veicolo di cambiare orbita o direzione e le cose si complicano se il veicolo deve avvicinare (rendez vouz) o agganciare (docking) una altro veicolo.
Affermare che un veicolo è entrato in orbita comunque non vuole dire molto. Ci sono diversi tipi di orbite. In funzione della inclinazione rispetto all’equatore, il veicolo orbiterà sopra la Terra senza mai superare i paralleli, positivi e negativi, pari al numero di gradi dell’inclinazione alla partenza. Per esempio se mettiamo un veicolo in orbita a 30° rispetto all’equatore, il veicolo orbiterà sopra la Terra fra le latitudini di +30° e -30° dall’equatore.

Se l’inclinazione passa i 90°, il satellite girerà in senso opposto a quello della Terra (ovest-est), chiamato orbita retrograda. Un altro tipo di orbita è quella geosincrona, che si ottiene con un orbita fortemente ellittica che permette al perigeo di passare sempre sopra lo stesso punto della Terra. Infine c’è l’orbita geostazionaria. Essa si trova a 36.000 km dalla Terra. Posizionando un veicolo a questa quota, sopra un punto dell’equatore terrestre ed alla velocità di 26.000 km/h, il veicolo compirà un’orbita completa in 24 ore, quindi resterà fisso sospeso a 36.000 km sopra quel punto.

animazione orbita geostazionaria

La natura offre altri spunti interessanti. L’iterazione tra le forze di gravità di due corpi celesti produce delle zone dove l’attrazione gravitazionale s’annulla. Queste zone sono note come Punti Lagrangiani, dal nome dello sfortunato astronomo che li teorizzò e morì ghigliottinato durante la rivoluzione francese. Solo due di questi punti sono in grado di garantire stabilità. Riuscire a posizionare un veicolo in uno dei due punti significa che raggiunta la velocità ottimale il veicolo resterà in quella posizione trascinato dalla forza di gravità dei due astri, nel nostro caso la Terra e la Luna.

Orbite oltre la Terra

La Luna è a circa 400.000 km di distanza. Si potrebbe lanciare un veicolo direttamente verso l’astro se volessimo solo colpirlo. Per orbitarle intorno od atterrare occorrerebbe una grande quantità di carburante per frenare la caduta. Più semplicemente si preferisce lanciare un veicolo che con una lunga parabola si avvicini all’astro e si lasci catturare dalla sua forza di gravità. Ovviamente sarà necessario l’uso di propulsori per affinare la traiettoria ed il volo comporta un tempo maggiore, ma in questo modo si risparmia peso e ci sono meno rischi che in un volo diretto. La velocità tangenziale da raggiungere per arrivare sulla Luna è di 40.000 km/h, molto prossima alla seconda velocità cosmica o velocità di fuga dalla Terra.
Ogni massa genera attorno a se un campo gravitazionale. Per riuscire a liberarsi dall’attrazione occorre raggiungere una velocità minima detta appunto velocità di fuga. Oltrepassando la seconda velocità cosmica un veicolo entra in orbita attorno al Sole.

Volendo mandare un veicolo verso un altro corpo celeste, diverso dalla Luna, occorre fare una grande quantità di calcoli. Come per la Luna, un volo diretto è sconsigliabile perché comporterebbe il trasporto di grandi quantità di carburante per frenare il veicolo. Ancora una volta si preferisce un lungo e sicuro volo curvo con periodiche e brevi accensioni dei propulsori per correggere la rotta se necessario o se previsto.

Quando si progettano missioni interplanetarie, occorre prevedere che in prossimità del lancio del veicolo posano sorgere delle complicazioni, quindi si studiano delle rotte alternative per periodi successivi. I periodi giusti per il lancio dei veicoli sono noti come finestre di lancio. Lanciando il nostro veicolo entro il lasso di tempo della finestra è possibile raggiungere l’obiettivo come previsto o con l’uso di una spinta supplementare dei propulsori del veicolo, fuori dal periodo, raggiungere l’obiettivo è impossibile.

I voli interplanetari sono molto lunghi e per far arrivare un veicolo a destinazione occorre ovviamente fornirgli una grande spinta. Questo si traduce in carburante supplementare da portare a bordo, ma la natura offre una scappatoia interessante giocando proprio con la forza di gravità. Come detto sopra, durante la fase di periastro un veicolo spaziale raggiunge la massima velocità. Facendo catturare il veicolo dalla forza di gravità di un astro ed arrivando con la velocità e la direzione giuste, l’astro catturerà il veicolo tirandolo a se ed aumentandogli la velocità. Quando il veicolo si troverà alla distanza minima avrà raggiunto e superato la velocità di fuga dell’astro. Ovviamente il veicolo, non solo avrà aumentato la velocità, ma avrà anche cambiato la direzione di volo. Questo è l’effetto fionda, o gravity assist, molto usato per i voli interplanetari.

L’idea dell’astronauta che, come un pilota d’aereo, impugna i comandi e guida d’istinto il suo veicolo nello spazio, appartiene solo alla fantascienza. Nessun astronauta impugna i comandi senza aver prima studiato e calcolato un piano di volo da seguire scrupolosamente. In genere agli astronauti non è richiesto che preparino un piano di volo perché è già stato programmato prima di partire. L’uomo pilota comanda il suo veicolo solo nelle fasi di docking, quando i veicoli sono sufficientemente vicini. Per il resto del volo, come disse un astronauta, “ai comandi c’è Newton”, con le sue leggi sulla gravitazione universale.

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